Il Lazio
La cultura italiana della tavolaLa cultura italiana della tavola
Un calendario di iniziative speciali per scoprire e riscoprire la cultura enogastronomica Italiana: ogni mese un “viaggio” stimolante per approfondire eccellenze territoriali e ricette tradizionali, come sempre all’insegna della rivisitazione creativa e della piacevolezza.
Il calendario:
Giugno 2022 / Il Lazio
Luglio 2022 / La Campania
Agosto 2022 / La Sicilia e la Sardegna
Ingredienti e prodotti regionali protagonisti del mese:
per iniziare...
A seguire...
pER SAPERNE DI PIù…
Carne Secca
(da Shalom)
La carne secca è un tipico affettato della cucina ebraico- romanesca, viene preparata utilizzando carne di manzo, nello specifico “copertina di pezza” (taglio proveniente dal quarto posteriore) che viene salato e lasciato ad essiccare.
Per la sue caratteristiche di resitenza e conservazione, in passato era prevalentemente utilizzato dai legionari, delle popolazioni nomadi, dai pastori e dai pellegrini.
Protagonista di numerose ricette della cucina giudaico-romanesca è la carne secca. Il nome stesso indica il procedimento attraverso il quale è preparata: l’essiccazione. Questa è una tecnica antichissima, diffusa in molti i popoli, che la utilizzavano per la conservazione e il trasporto della carne, che, seppur disidratata, manteneva il suo valore nutritivo e pesava molto di meno. Era prevalentemente cibo dei soldati, delle popolazioni nomadi, dei pastori e dei viaggiatori.
La carne secca viene prodotta utilizzando carne di manzo (il quarto posteriore) e il suo consumo è molto diffuso, non solo nella cucina ebraica. Con questa specialità si possono preparare piatti semplici e molto gustosi: affettata finissima, come antipasto con rucola, olio e limone oppure tagliata a tocchetti, – volendo con l’aggiunta di zucchine, funghi o carciofi – per una carbonara saporita e light. E poi non dimentichiamo le “coppiette”, fettine di carne, salate e pepate, che vengono appese e messe ad essiccare al sole: così saporite che una tira l’altra…
Porchetta artigianale
(da Lorenzo Vinci – Italian gourmet)
Territorio
La Porchetta di Ariccia (oggi IGP) nasce fra i 7 colli, nell’incanto del territorio romano. Nel XIV secolo molti abitanti di Roma lasciarono la vita cittadina, ormai divenuta difficile, per rifugiarsi nei pressi dei castelli delle famiglie nobili che si trovavano nelle colline attorno alla città. Da qui risale il nome di Castelli Romani con cui ancora oggi indichiamo una serie di paesi sui Colli Albani, a sud est di Roma. Luoghi collinari, verdi, di natura vulcanica, immersi nella campagna, dove la presenza della città tanto vicina non si sente quasi. Il comune di Ariccia (anticamente Ariccia) era un tempo la prima sosta sulla via Appia, la lunga strada che partiva da Roma e portava a Brindisi. Ora questo piccolo comune nella città metropolitana di Roma, è una delle località più conosciute dei Castelli, soprattutto grazie ad una specialità gastronomica particolarmente apprezzata e famosa: la Porchetta di Ariccia IGP che qui è nata e che solo qui, all’interno del territorio comunale, può essere prodotta.
La Storia e la sagra della Porchetta
Anche se le origini di Ariccia non sono certe, si crede che la città sia stata fondata ben prima di Roma. A questi tempi lontani risale anche la nascita della tradizione di cucinare la porchetta. Tra la popolazione che qui viveva, i Latini, vi era infatti lusanza di offrire in sacrificio carne di suino per ingraziarsi gli dei. Successivamente, anche la presenza della nobiltà romana, che risiedeva per periodi di tempo ad Ariccia per scappare alla calura e alla frenesia della città, ha contribuito a coltivare questa tradizione. Durante tutti questi secoli una serie di cause ha insomma contribuito alla creazione di una ricetta unica e alla maestria dei cuochi.
Una tradizione che ogni anno, dal 1950, viene celebrata nella famosa Sagra della Porchetta di Ariccia, che si svolge ogni settembre nel comune di nascita. Ai nostri giorni la Porchetta di Ariccia è uno dei piatti tipici più conosciuti e apprezzati della regione Lazio e, dal 2011, è stata riconosciuta come Prodotto di Origine Protetta (IGP) dall’Unione Europea. Anche un ente per la tutela, il Consorzio Produttori di Ariccia, è attivo dal 2004.
Caratteristiche, ricette e valori nutritivi
La Porchetta di Ariccia IGP ha una riconoscibile forma cilindrica che, quando intera, ha un peso che si aggira tra i 27 e i 45 kg, il Tronchetto pesa invece tra i 7 e i 13 kg. La sua carne bianca e rosata è punteggiata dal colore marrone delle spezie con cui viene preparata. Sono le spezie e in particolare il rosmarino a donargli anche quel gusto particolare e saporito. Ciò che però più di ogni altra cosa è riconosciuta come la sua caratteristica è la crosta di colore marrone che la ricopre nella zona del sottopancia impedendo alla carne di asciugarsi troppo e la cui croccantezza rimane tale anche per giorni. Tradizionalmente servita fredda a cubetti o a fette per aperitivo la Porchetta di Ariccia IGP si presta a molti differenti preparazioni: può essere consumata come secondo ma è apprezzata soprattutto come ingrediente principale di un succulento panino. Per 100 gr di Porchetta di Ariccia IGP, che ha un valore energetico di 203 Kcal/85 Kj si contano 29,19 gr di proteine, 9,36 gr. di grassi, 0,44 gr. di carboidrati.
Porchetta: preparazione
Il processo per preparare la Porchetta di Ariccia IGP segue una lunga tradizione ed è per lo più manuale. La carne di maiale viene anzitutto disossata, ripulita e salata con sale marino. Un periodo di riposo precede la massaggiatura, ancora manuale, attraverso la quale viene fatto assorbire il sale. A questo punto vengono aggiunte le spezie: aglio, pepe nero e rosmarino. Dopo essere stata legata con uno spago che gli permette di rimanere compatta e acquisire la caratteristica forma, la carne viene fissata ad un tubo per la propagazione del calore e viene messa a cuocere.
La cottura, effettuata ad una temperatura tra i 160 e i 280°C, può durare da un minimo di tre ad un massimo di sei ore. Una volta cotta non è però ancora pronta. È infatti tempo della raffreddatura in locali appositi, per alcune ore. Poi vengono eliminati i grassi e la crosta prende la sua compattezza. In commercio la Porchetta di Ariccia IGP si può trovare intera, nella forma a tronchetto, in tranci o affettata.
Caciofiore di Columella
(da Slow Food – Presidi del Lazio)
Il caciofiore si può considerare una sorta di antenato del Pecorino Romano, ma è realizzato immergendo nel latte crudo, intero, il caglio vegetale ottenuto dal fiore di carciofo o di cardo selvatico (Cynara cardunculus o Cynara scolimus) raccolti nel periodo estivo. I fiori vanno raccolti in giornate soleggiate e secche quando sono completamente fioriti e hanno una colorazione viola intenso. Devono essere tagliati con 15-20 centimetri di gambo per poterli legare e appendere a testa in giù, al buio, per l’essiccazione. Dopo 15-20 giorni, si sfilano gli stami stando attenti a non romperli e si conservano sottovuoto. La preparazione del caglio si conclude facendo macerare gli stami essiccati in acqua (per un quintale di latte si preparano 60-80 grammi di stami messi a macerare in 800 ml di acqua per 24 ore) e filtrando il macerato che va aggiunto, in infusione, al latte. Grazie all’azione proteolitica degli enzimi del fiore, dopo circa 60-80 minuti avviene la coagulazione del latte.
Si procede quindi alla prima rottura della cagliata in cubetti (di circa cinque centimetri per cinque) con una lama lunga e liscia. Si lascia riposare ancora per 15-20 minuti e si procede quindi con una seconda rottura che avviene con il mestolo forato. In questo caso, essendo la consistenza della pasta simile ad un budino, i pezzi risultano irregolari e grossolani, grandi quanto una noce. La cagliata così ottenuta si adagia nelle fuscelle di forma quadrata per far spurgare il siero. Il giorno seguente, il formaggio ottenuto viene salato a secco con sale marino e trasferito nel locale di stagionatura. La stagionatura si protrae dai 30 agli 80 giorni. Durante questo periodo le forme vanno rigirate almeno una volta al giorno per evitare un eccessivo sviluppo di muffe in superficie. Il formaggio così ottenuto ha la forma di una mattonella di circa 10 centimetri di lato, con uno scalzo convesso di 4 – 5 centimetri, il peso è intorno ai 400 grammi. La crosta grinzosa e giallognola racchiude una pasta morbida e compatta con lievi occhiature e un cuore di formaggio dalla cremosità sorprendente. Il profumo è profondo e ricco con sentori di carciofo e verdure di campo, il sapore è intenso, non salato, lievemente amaro, avvolgente e con una nota grassa equilibrata.
Telline del Litorale
(da Slow Food – Presidi del Lazio)
Il litorale romano è un tratto di costa ancora ricco di biodiversità, con una vegetazione costiera che si è conservata in larga parte e numerose comunità di pescatori che praticano ancora la piccola pesca costiera e praticano ancora alcune tradizioni locali come la pesca della tellina.
La tellina (Donax trunculus L.) si trova comunemente sulle coste italiane ovunque ci siano fondali sabbiosi ma, nella zona che va da Passoscuro a Capo d’Anzio, parte della quale è compresa nella Riserva Naturale del Litorale Romano, la pesca è sempre stata abbondante e rinomata fin dai tempi dei romani, grazie alla qualità e alla finezza della sabbia. Lo confermano anche documenti del ‘500 dove si parla di cessione dei terreni destinati a tale attività: “ai 18 di aprile del 1595 Andrea Cesi vendette a favore del cardinale Girolamo di Ciriaco e di Asdrubale fratelli Mattei, la peschiera delle telline esistente sulla spiaggia del mare del casale di Corteccia e Cesolina o Villa, per scudi 2000”.
Da Minturno, nei pressi di Latina, le comunità di pescatori si spostavano stagionalmente per pescare lungo la costa, dove sfociano il Tevere e l’Arrone, fermandosi dove la pesca era più propizia e costruendo delle capanne sulla spiaggia per ripararsi. Erano nomadi del mare, si fermavano ogni stagione in un punto della costa e, dove si fermavano, costruivano capanne che riutilizzavano anche negli anni successivi. Non pescavano solo telline ma anche altre specie che trovavano sotto costa. Quando questi gruppi di pescatori decisero, alla fine degli anni ‘50, di fermarsi stanzialmente nei luoghi di pesca, comparvero i primi villaggi dei pescatori fatti in muratura, costruiti dove un tempo sorgevano le capanne di legno. È possibile ancora oggi osservare questi primi nuclei di insediamento a Fregene, a Ostia e in altre località lungo le poche decine di chilometri di questo litorale.
Rara ormai e ricercata, la tellina è un bivalve più dolce e delicato di altri molluschi, si presenta più piccola e dal gusto inconfondibile, tanto che va condita poco per rispettarne le delicate qualità organolettiche. La ristorazione locale ne ha fatto un simbolo dedicandole il piatto più famoso: la bruschetta con la tellina, una specialità che ha trovato il suo momento di massimo splendore negli anni ‘50 appunto, nel periodo della Dolce Vita, quando sulle spiagge del litorale arrivavano dalla vicina Cinecittà attori e registi, tra i quali Federico Fellini, a degustare le pregiate telline.
Stagionalità
La pesca della tellina avviene quando il mare è calmo, durante tutto l’anno, ad eccezione dei periodi di fermo biologico della pesca in aprile.
Presidio
La pesca della tellina viene praticata unicamente con rastrelli da natante e rastrelli a mano. I pescatori escono all’alba e rientrano a mezzogiorno, risalendo la costa lungo la riva solo nelle giornate in cui il mare è calmo. La pesca della tellina con la draga idraulica non è praticata in questa zona, e la pesca con i rastrelli viene effettuata da pescatori in possesso di piccole imbarcazioni da pesca costiera. I pescatori locali sono riuniti nelle cooperative di piccola pesca della zona.
É una pesca artigianale e spesso solitaria: le licenze professionali di pesca per questo tipo di attività sono circa una sessantina lungo il litorale romano, tutto il resto è pescato da hobbisti.
I rastrelli da usare a piedi, camminando lungo la spiaggia, sono larghi circa 60 centimetri, quelli da natante invece sono più grandi, circa un metro e mezzo. I rastrelli sono costruiti personalmente dai pescatori: un tempo erano di legno, oggi sono di acciaio.
Il Presidio riunisce una cinquantina di “tuninolari” (da “tuniola”, nome dialettale della tellina) detti anche “tellinari” e preserva una metodologia di pesca antica e sostenibile. Il progetto vuole salvaguardare questo territorio da una urbanizzazione eccessiva e dallo sfruttamento delle coste, prevenendo la costruzione di barriere artificiali anti-erosione e l’utilizzo indiscriminato della tecnica del ripascimento delle spiagge, che aggiunge sabbia proveniente da altre zone.
Area di produzione
Il litorale romano da Passoscuro ad Anzio (provincia di Roma)
Presidio sostenuto da:
Comune di Fiumicino, Comune di Anzio
Zucchina Romanesca
(da Lazio Gourmand)
Le Zucchine (Cucurbita Pepo) appartengono alla famiglia delle Cucurbitacee, Cucurbita pepo è il loro nome scientifico. Oggi sono coltivate ovunque e, grazie alle serre le possiamo trovare tutto l’anno, ma in estate, quando crescono all’aria aperta, danno il meglio e il loro prezzo è senz’altro più conveniente!
Originarie dell’Asia Meridionale e dell’America centrale iniziarono a diffondersi in Europa nel XVI secolo, e oggi rappresentano un’importante produzione nel nostro paese. Lasciate crescere, le zucchine raggiungono dimensioni non indifferenti; ma se vogliamo un’ottima qualità, vanno raccolte o acquistate quando sono lunghe non più di quindici centimetri. Così sono molto fresche, delicate e adatte a diverse preparazioni. Sono tra le verdure che presentano minore scarto. Per capire se sono state colte da poco, al momento dell’acquisto basta controllare la buccia, che deve essere ben tesa e lucida, assolutamente priva di grinze o macchie. Quanto alla polpa deve essere compatta e non elastica. A volte, vengono vendute ancora con il fiore attaccato e questo si sa…è indice di estrema freschezza. A proposito di fiori, quelli presenti nella zucchina, che impropriamente ma comunemente vengono detti fiori di zucca, si posso consumare. La pianta ne produce due tipi differenti: quelli femminili che si trovano all’apice della zucchina, mentre i più adatti ad essere cucinati fritti, ripieni o cotti in vari modi sono i fiori maschili che crescono su un gambo e spesso vengono venduti in mazzetti. Questi ultimi devono essere colti al mattino quando sono ben aperti e quindi facili da pulire e da farcire. Come abbiamo già accennato, le zucchine si possono trovare tutto l’anno (ma ricordatevi sempre di consumare prodotti di stagione) e ne esistono diverse varietà almeno una ventina. A dire il vero non c’è una sostanziale differenza di sapore tra un tipo e l’altro anche se l’aspetto può differire. Le diversità consistono soprattutto nel colore e nella presenza o meno di striature o macchioline chiare. E proprio delle striature così caratteristiche e caratterizzanti della varietà Romanesca, fanno di questa piccola e chiara zucchina dalla forma stellata, la zucchina caratteristica laziale.
Il fiore della zucchina romanesca
Soda, poco acquosa, dolce e dal sapore deciso. Rinomate le zucchine della zona di Cerveteri e Maccarese, di Formia, di Terracina. La zucchina poi è una verdura che si presta molto anche nelle diete (12 calorie per 100 g di prodotto), perché povera di calorie e ricca di acqua. Oltretutto è ricca di potassio e vitamine C ed E e, di acido folico, di conseguenza, conferiscono un’azione disintossicante, diuretica, sedativa, antinfiammatoria e stimolanti delle funzioni intestinali. Sono disponibili da maggio a novembre. La loro preparazione è piuttosto facile, mentre il loro gusto neutro permette una varietà infinita di ricette e di abbinamenti. Possono essere cotte in tutti i modi: bollite, fritte, stufate, marinate, al forno, mescolate a minestroni e risotti o usate per condire pasta o riso. Scavate le possiamo farcire di carne, di pesce di formaggi e diventano così piatti unici. Qui ve ne diamo un’assaggio caratteristico del territorio laziale.
Ricciola
(da Centro Agroalimentare Roma)
Nel Lazio
E’ un pesce che arricchisce la fauna delle acque di Fiumicino, ma anche e soprattutto quelle di Ponza.
Caratteristiche
La ricciola è un grosso pesce predatore di alto mare con un corpo fusiforme, ovale e ricoperto di piccole squame. La bocca è ampia e raggiunge il centro dell’occhio, abbastanza piccolo. I denti sono aguzzi e presenti anche sulla lingua. Questo pesce dispone di 2 pinne dorsali, di una pinna anale e di una codale forcuta. Gli adulti si muovono nel mare aperto, i giovani vivono nei paraggi della costa. Gli esemolari vecchi differiscino da giovani e adulti nell’aspetto, tanto che sono stati considerati due specie diverse per lungo tempo. I giovani sono di colore giallo, con macchie verticali scure, che dal dorso scendono lungo i fianchi, mentre gli adulti hanno il dorso grigio con riflessi azzurri, più sbiadito sui fianchi. Entrambi vivono in piccoli branchi e raggiungono dimensioni tra i 50 e gli 80 cm.. Ma un peso che arriva a massimi di 15 o 20 chili Presente in tutto il Mediterraneo, preferisce i bacini meridionali. Infatti le catture più frequenti di ricciola avvengono nel basso Tirreno e in Sicilia. Carni ottime, grasse il giusto e però ben sode e sempre molto apprezzate sono le pregiate caratteristiche alimentari migliori di questo pesce, sebbene siano ancora più rinomati gli esemplari piccoli, dalla carne bianca e con poche spine.
Nomi dialettali
Leccia, Leccia bastarda, Leccia veaxa (Liguria); Lissa bastarda (Veneto, Venezia G.); Leccia, Saltaleone (Toscana); Alice grande (Marche); Alice grande, Leccia, Liccia (Abruzzi); Leccia (Lazio); Liccia, Ricciòla’e funnàle (Campania); Jarrupe, Ricciòla’e funnu (Puglie); Aricciòla (Calabria); Alicciòla, Aricciòla, Aricciùla, Licciòlu, Cavangòla, Fetula impiriali, Fijtula (Sicilia); Sarmoni, Serviòla, Sirviòla (Sardegna).
Quando si trova
Si pesca tutto l’anno, in particolare nei mesi primaverili ed estivi, quando si avvicina alle coste.
Come sceglierlo e conservarlo
La freschezza si riconosce dalla colorazione viva e dalla carne compatta e soda. Al massimo si conserva per ½ giorni in frigorifero nella parte più fredda.
Perché fa bene alla salute
Come tutti i “pesci azzurri”, la ricciola è un pesce ricco di acidi grassi Omega 3, che possiedono molteplici effetti protettivi sull’apparato cardiovascolare: contro l’arteriosclerosi e la trombosi. Inoltre è un cibo ricco di proteine, sali minerali e vitamine.
Come trattarla
Si eliminano le interiora aprendo il ventre partendo dalla coda. Per farne dei filetti è necessario togliere la pelle, utilizzando un coltello affilato ed estrarre la lisca.
Crostata Ricotta e Visciole
(da Turismo Roma)
Tra i piatti legati alla forte tradizione a carattere prevalentemente familiare, tramandata nel corso dei secoli oralmente, la crostata di ricotta e visciole è un grande classico della cucina ebraico-romana.
Sembra che le origini di questa torta risalgano al Settecento, quando alcuni editti papali vietarono agli ebrei di commerciare latticini. Quindi, per eludere i controlli delle guardie papali, alcuni fornai pensarono di nascondere la ricotta tra due strati di pasta frolla, confondendola con le visciole per renderla meno visibile.
A Roma, al Portico d’Ottavia, nell’antico Ghetto ebraico, in uno dei forni storici si prepara una crostata irrinunciabile, la cui ricetta è, ancora oggi, segreta e tramandata di generazione in generazione.
Cozza del Lago di Paola
(da Ittica Lago di Paola)
Lago costiero del Lazio meridionale, in provincia di Latina, alle falde del Circeo.
L’allevamento viene previsto in maniera tale che ci sia una naturale crescita delle cozze per garantire un prodotto finale di qualità.